L'Accademia di Platone

mosaico da Pompei (Napoli, Museo Nazionale)
Questo mosaico pompeiano si ritiene rappresenti l'Accademia platonica. Rende magnificamente l'atmosfera di un consesso di filosofi. Siamo in campagna e fa abbastanza caldo. Si vede in alto a destra la città racchiusa nella cinta delle mura. Siamo in un giardino alberato. Infatti c'erano alberi nella zona, olivi e anche platani e altri alberi. Vediamo anche, alle spalle del gruppo, alcuni elementi architettonici isolati, una colonna e una porta, che rappresentano simbolicamente una idea di sacralità. L'idea della porta sacra è presente in molte culture. In Giappone ad esempio si incontrano quelle porte monumentali chiamate ''torii'' situate all'ingresso di un bosco sacro o sulla riva di un lago sacro. È possibile che la scuola platonica fosse configurata come una associazione religiosa. E Platone stesso non era ostile agli dei.
Il gruppo in primo piano consiste di sei che ascoltano e di uno, sulla sinistra con la tunica gialla, che parla facendo gesti con le mani. Sembra una lezione. È naturale identificare l'oratore in giallo con lo stesso Platone. Gli altri sei sono studenti, non dei giovani efebi ma degli uomini maturi, alcuni coetanei dello stesso oratore. Tre sono seduti su una panca, tre sono in piedi, due in piedi all'ombra dell'albero. Tre degli studenti hanno in mano un rotolo chiuso, uno sta leggendo in un rotolo aperto, seduto, mentre ascolta. Infine, poggiati in terra, troviamo una cassetta, che è servita per portare i libri, e un elemento che sembra supporto di un cuscino, sul quale due degli uditori sembrano voler appoggiare il piede. La rappresentazione comunica l'impressione della intensa concentrazione degli studenti intorno alle parole del docente.
Però la lezione non era l'unica modalità della vita in Accademia. C'era la consuetudine di 'fare insieme filosofia', secondo la testimonianza di Aristotele, che fu accademico per venti anni. Ragionare e discutere in collaborazione o anche in contraddizione. Confutazioni amichevoli, domande e risposte senza ostilità, per usare le espressioni dello stesso Platone. I cui scritti sono quasi tutti nella forma del dialogo. Possiamo allora immaginare che, nel giardino di Academo, mentre nella parte più riparata, all'ombra del boschetto o sotto il portico coperto, si svolge la lezione a cui abbiamo assistito, in alcuni angoli appartati si osservino altre scene. Seduti su una panca due studenti leggono e interpretano un testo. Lungo il muro di recinzione altri due discutono passeggiando in tranquillità. Alcune figure isolate riflettono in silenzio.
Speusippo e non Aristotele
Alla morte di Platone, nel 347, in Accademia come nuovo scolarca, come direttore potremmo dire, fu eletto Speusippo. Figlio della sorella di Platone. Non che non fosse all'altezza, ma Aristotele pensava di essere ben più meritevole. Così lasciò l'Accademia, lasciò Atene, e si trasferì altrove, per finire ad Asso, in Asia Minore, dove fu raggiunto da altri ex accademici e dove fondò una sua scuola.
Le dottrine non scritte
Non possiamo lasciare l'Accademia senza aver sperimentato il gusto di filosofare insieme in giardino, affrontando una oscura questione filosofica che però in definitiva ci riguarda da vicino. In una lettera Platone dichiara:
Su queste cose non c'è, né vi sarà, alcun mio scritto. Perché non è questa una scienza come le altre: essa non si può in alcun modo comunicare ma, come la fiamma s'accende da una scintilla che scocca, nasce all'improvviso nell'anima dopo un lungo periodo di discussioni e dopo una vita vissuta in comune, e di sé stessa si alimenta.
Di quali 'cose' parla, che non si possono spiegare? In precedenza nella stessa lettera Platone ha criticato Dionisio, il tiranno di Siracusa, per avere scritto sui Principi Primi, tra l'altro dopo che l'argomento gli era stato introdotto dallo stesso Platone. Dunque sono questi principi, i principi fondamentali della conoscenza, di cui non si può parlare. Scrive Aristotele:
tavole o divisioni disegnate sono le dottrine non scritte di Platone.
Tabelle di numeri e figure geometriche, dunque, che non si spiegano discorrendo ma si disegnano. E Aristosseno 3 ricorda:
Si andava a sentire Platone credendo che parlando del 'bene' discutesse di morale e, invece, discuteva di numeri e di geometria, di quale sia il modo d'impostare bene la matematica.
Per Platone i principi fondamentali della conoscenza sono accessibili tramite la matematica, che non si spiega con le sole parole ma ha bisogno di essere disegnata, e non si comprende immediatamente dopo una spiegazione ma ha bisogno di essere meditata, con l'aiuto di altri con cui si condivide lo stesso interesse, finché non scocca la scintilla. Platone conosceva la matematica del suo tempo con profondità di vedute e, sebbene non sia stato autore di risultati, è stato un 'ispiratore' per i matematici del tempo, con i quali dialogava intensamente. Alcuni, come Eudosso per esempio, sono stati accademici.
Si comprende allora perché una tradizione tarda, riportata da Proclo (V secolo d.C.), afferma che sulla porta dell'Accademia era posta l'iscrizione:
Non entri chi non sa di geometria.
Il Liceo di Aristotele
Aristotele tornò ad Atene nel 336. La Grecia era ormai nel dominio della Macedonia. Aristotele aprì la sua scuola in una parte del giardino di Apollo Licio. L'organizzazione della vita intellettuale nel Liceo non fu sostanzialmente differente da quella dell'Accademia. Possiamo pensare che la precedente ricostruzione immaginata della vita nell'Accademia si applichi altrettanto bene al Liceo. Tanto più che Aristotele presentava la sua scuola come la vera continuazione della scuola di Platone.
Per le necessità dell'insegnamento e della scuola Aristotele mise insieme una considerevole collezione di libri. Certamente anche Platone aveva una sua collezione, ma quella di Aristotele è considerata la prima vera biblioteca del mondo classico occidentale. Conteneva non solo le opere di Aristotele, quelle pubblicate e quelle ancora nella forma di appunti, ma anche opere di altri autori importanti. La vicenda di questa biblioteca si prolunga nei secoli successivi.
Aristotele precettore di Alessandro
Nel 342 Aristotele aveva ricevuto da Filippo II, re di Macedonia, l'invito a recarsi presso la corte, a Pella, per operare come istitutore del giovane Alessandro. L'incarico fu accettato e durò tre anni, fin quando Alessandro non fu chiamato agli impegni politici e militari. Questo incontro fece di Alessandro un amante della conoscenza e delle lettere, cosa che si rifletterà nella vicenda della futura 'città di Alessandro'. In seguito, tornato ad Atene, Aristotele ricevette da Alessandro un consistente finanziamento per la sua scuola. Ma gli ateniesi non amarono Aristotele, amico dei dominatori macedoni, che gli ateniesi neanche consideravano veri greci.
Teofrasto, Stratone e non Neleo
Alla morte di Aristotele nel 322 fu eletto scolarca Teofrasto 4, che ereditò la biblioteca e la incrementò con il suo contributo. Egli nel suo testamento lasciò tutti i libri a Neleo, forse pensando che sarebbe stato il suo successore. Ma alla morte di Teofrasto nel 287 fu eletto scolarca Stratone. E Neleo, con tutti i libri di Aristotele e di Teofrasto, lasciò il Peripato e si trasferì a Scepsi, in Asia Minore, il suo luogo di origine. Da questo momento per la filosofia peripatetica inizia un periodo di costante declino.