DIALOGO

Non ci sono più istituzioni come quelle del mondo antico. Se non forse nei secoli XII e XIII la scuola di Toledo, sostenuta dai re di Castiglia, impegnata nell'opera di traduzione dall'Arabo in Latino, della quale però non sappiamo come fosse organizzata. Con la ripresa economica del secolo XIII si produce un graduale risveglio della vita intellettuale che porterà, a partire dal secolo XIV, a quella fioritura che chiamiamo Rinascimento della civiltà in Europa. Gli intellettuali vivono in casa propria. Dove hanno una stanza riservata per la lettura e lo studio.

In questa stanza, la vita si trasferisce su un piano diverso. Entrato nello "studiolo" (richiusa la porta alle sue spalle), l'intellettuale ritrova i suoi libri, raccolti con laboriosa ricerca, e incontra i suoi autori. Sfogliando quei libri, leggendo o studiando le opere, egli instaura un vero e proprio dialogo con gli autori. L'idea non è nuova, anzi è antica. Leggiamo per esempio in San Girolamo, in un testo composto verso la fine del IV secolo:

Il sapiente non può mai essere solo; ha infatti accanto a sé tutti gli uomini virtuosi del presente e del passato. Egli rivolge e trasferisce dove vuole il suo animo libero e abbraccia col pensiero ciò che non può abbracciare col corpo. Se gli vengono a mancare gli uomini, parla con Dio e non è mai solo.

San Girolamo, Adversus Jovinianum, I,47

Il Rinascimento è una rivoluzione culturale. Vengono ritrovate le opere degli scrittori dell'antichità, che giacevano sepolte nelle biblioteche dei monasteri di tutta Europa. Prima di tutto gli scrittori latini. La conoscenza della lingua greca, che era dimenticata, viene nuovamente acquisita con l'arrivo di eruditi greci da Costantinopoli. I classici greci vengono allora tradotti in latino. Rinasce la filologia, che stabilisce le edizioni più corrette delle opere. L'invenzione della stampa ne favorisce la diffusione.

Con l'entusiamo per lo splendore della cultura riconquistata, l'idea del lettore in dialogo con gli autori si rafforza. In questo passo famoso di Niccolò Machiavelli, datato 1513, essa viene rappresentata con la massima intensità.

Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch'io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.

Niccolò Machiavelli, Lettera X, a Francesco Vettori

Famoso sopra tutti, per la bellezza artistica, è lo "studiolo" di Federico da Montefeltro (secolo XV), duca di Urbino, con annessa biblioteca consistente di preziosi codici miniati. Ma il duca comunque preferiva impegnarsi nei giochi di spada, a costo di rimetterci un occhio. Esempi per noi più illustri, perché hanno ospitato dei veri filosofi, sono l'ultimo studiolo di Francesco Petrarca (secolo XIV) e la torre di Michel de Montaigne (secolo XVI). Un poeta filosofo e un filosofo letterato. Partiamo allora per una escursione, con l'intenzione di interrogare i due autori, e i loro luoghi, intorno alla nostra questione fondamentale. 

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