Petrarca scrive a Omero

Le lettere che Francesco Petrarca raccolse sotto il titolo di Rerum familiarium in 24 libri furono composte negli anni fra il 1325 e il 1361. Le lettere Seniles sono quelle relative al periodo successivo fino alla morte nel 1374, che interruppe la stesura dell'ultima lettera, la famosa Posteritati. Il libro XXIV delle Rerum familiarium contiene dieci lettere indirizzate agli scrittori antichi: Cicerone (due lettere), Seneca, Varrone, Quintiliano, Tito Livio, Asinio Pollione, Orazio, Virgilio, Omero.

In queste lettere la passione per la lettura e per lo studio si è trasformata in una vera e propria condizione di familiarità con gli scrittori dell'antichità, sebbene ammirati e amati come maestri; si è stabilita fra il lettore e i suoi autori una relazione intellettuale che attraversa i confini tra l'immaginario e il reale. La lettera a Omero è forse la più complessa. Presenta giochi semantici ingegnosi, e tutta l'invenzione ha qualcosa di divertente. Ci accontentiamo di un resoconto essenziale, toccando alcuni momenti principali.

Petrarca risponde a una lettera di Omero. Spiega la propria mancata conoscenza della lingua greca e annuncia con entusiasmo la prossima realizzazione di una traduzione di Omero in latino (la traduzione di Leonzio Pilato, da lui stesso promossa).

Nella sua lettera Omero ha toccato vari argomenti: le origini della poesia, la propria vita, le proprie opere perdute già in Grecia. Poi si è lamentato di alcuni fatti: i detrattori, gli imitatori; Petrarca gli offre ragioni di consolazione.

Omero si lamenta del fatto che Virgilio, pur essendo un suo imitatore, non riconosca il suo debito; Petrarca gli ricorda che già ai suoi tempi Virgilio era stato accusato di aver ripreso da lui, e riporta quale sarebbe stata la sagace risposta:

"È segno di grande potenza aver sottratto la clava dalle mani di Ercole."

con la quale il proprio debito e la propria posizione subordinata sono implicitamente riconosciuti; e quindi Petrarca offre la sua spiegazione: Virgilio avrebbe certamente espresso la dovuta attestazione di riconoscenza ma nel posto giusto, il posto più importante, che sarebbe stato la conclusione del suo grande poema epico, se la morte prematura non glie lo avesse impedito.

Omero si lamenta di non essere apprezzato; Petrarca risponde descrivendo i suoi tempi come pullulanti di ignoranti e di folli, oltre che di impostori, e aggiunge:

È da desiderare che tu continui a non piacere, perché questo è il primo passo per la gloria. Il secondo è non avere riconosciuti i propri meriti.

Omero si lamenta di essere poco conosciuto; Petrarca gli risponde enumerando i suoi lettori Italiani, senza farne il nome: una dozzina, non sono pochi, e suggerendo che la nuova traduzione farà aumentare il numero; lo esorta infine a contentarsi così, in accordo con il significato di questo verso, epitaffio del poeta Ennio: "volito vivus per ora virum", che possiamo intendere come:

"Vivo ancora, e volo qua e là sulle labbra degli uomini."

(gli uomini colti, che conoscono la poesia, precisa Petrarca).

Infine Petrarca offre a Omero la sua ospitalità, sia in greco sia (prossimamente) in latino, nella sua dimora, dove l'ospite si troverà bene perché:

Il genio rifiuta le torri e i castelli dell'ignorante, e si delizia nella casa modesta e solitaria.

La lettera si chiude con un elegante commiato.

Ho parlato molto a lungo come se tu fossi presente. Emergendo ora da questi voli dell'immaginazione, mi rendo conto di quanto lontano tu sia, e temo che possa essere faticoso per te leggere una lettera così lunga alla luce debole del mondo di sotto. Mi rassicuro quando ricordo che anche la tua lettera era lunga. Addio per sempre.

Scritto nel mondo di sopra, in quella città che giace fra le rive dei fiumi famosi Po, Ticino, Adda e altri, fatto dal quale alcuni dicono che Milano deriva il suo nome, il 9 di Ottobre nell'anno 1360 di questa era.

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