SERMONE
Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera.
Primo Libro dei Re
Concentrato su un problema, scientifico o filosofico, seduto di fronte a un paesaggio di libri e fogli di appunti, lo studioso rovista nell'archivio della memoria provando ad applicare i ragionamenti e i metodi che conosce, a combinarli in qualche modo utile, rimugina questi ragionamenti che diventano come voci ascoltate interiormente. Il risultato di questo impegno non è immediato e sarà necessario riprovare. Per ascoltare la voce interiore della mente è necessario all'esterno il silenzio.
Lo stesso si può dire per il religioso, che mediante lo studio e la preghiera cerca di comprendere il significato profondo della Scrittura, un lavoro attraverso il quale si propone di arrivare a 'vedere' Dio. Egli sta cercando di ascoltare in sé stesso non una voce tonante ma "il sussurro di una brezza leggera". Perciò ha bisogno che all'esterno sia il silenzio. Per questo la necessità del silenzio si ritrova più chiaramente enunciata nei testi e nelle regole degli Ordini Monastici. Possiamo per esempio rileggere la giustificazione data da San Benedetto, riportata nel capitolo relativo al monastero di Vivarium.
La contemplazione è la visione di Dio, e a questo è dedicata la vita contemplativa 1. Ma anche il lavoro intellettuale può essere considerato come visione o come osservazione della Realtà o della Verità, e la vita intellettuale è così assimilata alla vita contemplativa. D'altronde già Platone descriveva la vita filosofica come contemplazione delle idee immutabili, cioè di Dio. E Aristotele considerava la contemplazione come l'attività di una parte divina della natura umana. Queste attività richiedono il silenzio e la solitudine. La seconda come garante del primo. In un breve testo, composto in una data intorno al 429 d.C., Eucherio di Lione trova espressioni di profonda letizia per i benefici portati dalla solitudine.
Quanto sono piacevoli le solitudini, anche se sono appartate in quelle regioni montuose 2, per coloro che hanno sete di Dio! Quanto sono attraenti per coloro che cercano Cristo quelle terre solitarie che si estendono in ogni direzione sotto la protezione della natura! Tutto tace. L'animo in gioia è stimolato dal silenzio nella sua ricerca di Dio, trovando nutrimento in ineffabili estasi. Nessun suono si sente nel deserto, non c'è nessuna voce, tranne eventualmente quella rivolta a Dio. Solo si sente quel suono che viene dall'animo, il quale, anche se turba il silenzio del luogo solitario e interrompe quello stato di placida quiete, è rumore più dolce del riposo, e suono santo di una mite conversazione.
Eucherio di Lione, Elogio della solitudine
Forse il lettore che è arrivato fino a questo punto potrà accettare, se non altro come ipotesi, l'idea di una affinità tra la vita intellettuale e la vita contemplativa. E forse sarà incoraggiato in questo dal senso di estasiato entusiasmo che si esprime nel brano appena citato. Decidiamo dunque di prolungare il nostro percorso con l'obiettivo di esplorare la condizione del silenzio presso alcuni luoghi eletti dello spirito contemplativo.
1. Infatti la parola deriva dal latino 'templum'. In greco si diceva 'theoria', che significa osservazione.
2. Si riferisce alle montagne deserte del Giura, sul confine di Francia e Svizzera.